Progetto per il quartiere Garibaldi, 1971-1981

Il progetto di Fredi Drugman, elaborato con Luca Basso Peressut e Fulvia Premoli, è il risultato di un profondo coinvolgimento nelle vicende del quartiere che inizia nei primi anni Settanta con la mobilitazione di Drugman – allora capogruppo del PCI nel Consiglio di Zona 1 e membro del comitato di quartiere – in difesa degli abitanti contro il completamento del piano regolatore del 1953, che prevede l’allargamento di corso Garibaldi e la sostituzione delle case antiche con edifici più alti, causando una cancellazione pressoché totale del tessuto storico e l’espulsione dei ceti popolari1. Questo processo, dettato da motivazioni viabilistiche e interessi speculativi, è accelerato dalla costruzione della MM2, che penalizza le attività commerciali e rischia di provocare la demolizione dell’isolato del teatro Fossati, tra via Tivoli e via degli Angioli (oggi via Strehler), poi salvato grazie alla lotta degli abitanti2.

Nel 1981 Drugman viene incaricato dal Comune di Milano di studiare un progetto per il settore del quartiere Garibaldi tra via San Simpliciano e Largo La Foppa, mentre altri due settori sono affidati a diversi raggruppamenti di progettisti3. Questi progetti, finalizzati a fornire strumenti urbanistici per la progettazione dei singoli interventi, sono legati al Piano di Inquadramento Operativo (PIO) elaborato dal Comune tra il 1979 e il 1980, che recepisce buona parte delle richieste degli abitanti nel decennio precedente4.

Molte idee del progetto di Drugman sono già presenti nelle proposte elaborate con gli abitanti, come risulta in una planimetria del 1972, che prevede isole pedonali, aree da vincolare per edilizia popolare, verde pubblico attrezzato e verde privato da convenzionare per eventuali percorsi pedonali all’interno degli isolati5.

Il progetto del 1981 affronta in primo luogo il problema del traffico: in via Legnano rimane solo la viabilità in uscita (il traffico in entrata viene deviato tra l’Arena e l’Acquario, per disincentivarlo) e per potenziare l’interscambio tra auto e pedoni sono previsti parcheggi multipiano nelle zone esterne del quartiere. È proposta la pedonalizzazione di corso Garibaldi, ad eccezione del tratto tra via Palermo e largo La Foppa, dove sono ammessi il transito e la sosta delle automobili.

Per incentivare la vitalità del quartiere sono proposti due percorsi pedonali all’interno degli isolati, parallelamente a corso Garibaldi: il primo, a est, recupera un percorso antico tra le chiese di San Simpliciano e di Santa Maria Incoronata, mentre il secondo sfrutta le aree libere intorno alla Scuola Germanica, conseguenza del piano regolatore del 1953, con un viale alberato e una passerella pedonale, circondati da zone di verde privato, pubblico e orti per gli abitanti6.

In base al fatto che in corso Garibaldi prevalgono i vecchi edifici su quelli del dopoguerra, si propone di ristabilire l’allineamento storico con l’inserimento di nuovi edifici, alti quanto i porticati del dopoguerra, nei vuoti della cortina edilizia. Questi edifici, destinati ad attività commerciali, artigianali ed artistiche, con la possibile presenza di sezioni distaccate della Pinacoteca di Brera, seguono una maglia modulare e sono legati all’idea di “museo diffuso” promossa da Drugman7. Per la loro architettura sono proposte alcune soluzioni alternative8: la riproposizione dei fronti neoclassici dell’Arena Civica, coronati da alberi come nell’originale; una parte inferiore piena e una parte alta vetrata, a mo’ di serra; un piano terra porticato e un volume superiore pieno, con copertura vetrata o tetto giardino alberato9.

Il tema della ricucitura e della continuità delle cortine edilizie è il leitmotiv di tutto il progetto. Oltre agli edifici bassi sono previste puntuali integrazioni in altezza, negli interstizi tra edificazione storica e recente, e sopralzi in arretramento sopra i fabbricati storici, in modo da risanare gli edifici degradati, coprire i fronti ciechi e completare la linea di gronda degli edifici più recenti. Queste integrazioni, basate sulla capillare conoscenza di ogni edificio, assumono forma e carattere diverso a seconda della localizzazione10; allo stesso tempo obbediscono però a regole generali, in modo da dare forza e unitarietà all’intervento.

In via Legnano, per rafforzarne il ruolo di limite verso il Parco Sempione, è proposto il completamento della cortina edilizia in continuità con l’edificio IACP all’angolo con via Mantegazza11. L’idea del “costruire sul costruito” si contrappone all’idea dell’architettura come forma finita, e si riferisce ad esempi nobili della storia dell’architettura12.

Oggi in corso Garibaldi è ancora irrisolto il rapporto tra l’edificazione più antica e quella del dopoguerra, con manifesti pubblicitari applicati sui muri ciechi. Qualche intervento di ricucitura è stato effettuato in anni recenti, mentre il corso è stato parzialmente pedonalizzato, con il restringimento della sede stradale, l’inserimento di una pavimentazione in pietra, e di panchine e alberi negli slarghi. Il degrado degli edifici storici è quasi scomparso, ma a prezzo di pesanti ristrutturazioni o ricostruzioni che hanno accelerato il processo di espulsione dei ceti popolari, che resistono ormai solo nelle case di proprietà pubblica.

Nel quartiere e nelle sue vicinanze vi sono due interventi recenti che seguono in qualche misura i principi del progetto di Drugman: l’ampliamento della Scuola Germanica (2004-2007) di Broggi & Burckhardt, con un edificio in cortina su via Legnano, e l’edificio tra via Cusani e Foro Bonaparte (1987-1995) di Giuseppe Gambirasio e Marco Tommasi, che affronta con sensibilità il tema della ricucitura e del rapporto con il contesto13.

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