Progetto per piazza San Babila, 1936-1937

Il progetto prevede la realizzazione di un grande complesso polifunzionale, comprendente cinema, teatro, dancing, bar-ristorante, negozi, uffici e appartamenti, sul lato est di piazza San Babila. Ne è committente la Hegeman Harris Company, rappresentata da John W. Harris, tramite Carlo De Angeli Frua, amico e principale committente di Baldessari a partire dalla fine degli anni Venti1. Collaborano per la parte tecnica e strutturale gli ingegneri Primo Matassoni ed Ernesto Saliva2.

L’intervento si inserisce nel piano Albertini, definitivamente approvato nel 1934, che prevede una piazza in cui innestare il nuovo corso del Littorio (oggi corso Matteotti) e la cosiddetta “Racchetta”, strada di sventramento che avrebbe dovuto collegare corso Venezia con largo Cairoli3. Il progetto riguarda la ricostruzione di un intero isolato del centro storico, delimitato dalla nuova piazza a ovest e da tre strade esistenti: corso Monforte, via degli Arditi (oggi via Cino del Duca) e via Borgogna.

Il vasto materiale grafico consente di ricostruire l’evoluzione del progetto fino alla versione definitiva4. Nella prima fase compaiono tre proposte volumetriche tra loro alternative: la prima senza cinema e teatro, con un volume a pettine verso la piazza e un corpo a torre suddiviso in tre blocchi nella parte posteriore, circondato da corpi più bassi; la seconda più semplice, basata sulla combinazione ortogonale di corpi in linea; la terza, che verrà sviluppata fino al progetto definitivo, con un corpo verso la piazza, dietro al quale sono posti un grande volume parallelepipedo per il cinema e due corpi laterali. Nei disegni assonometrici e prospettici Baldessari inserisce anche la chiesa di San Babila, che diventa quasi un termine di confronto per il nuovo intervento5.

In una fase successiva è prevista la conservazione di una parte dell’isolato esistente (all’angolo tra corso Monforte e via degli Arditi) e la pianta assume una forma in parte asimmetrica per adattarsi a questo vincolo: sul lato verso via Borgogna si dispone il volume contenente il teatro nell’interrato e il cinema ai livelli superiori, entrambi con una pianta a ferro di cavallo che richiama i teatri all’italiana e il cinema Universum (1926-1928) di Erich Mendelsohn a Berlino, cui si riferisce anche la composizione dei volumi esterni6. Il corpo verso la piazza è invece simmetrico, con un volume a torre al centro, con pianta a T, e portici al pianterreno, previsti per la piazza a partire dal 19317.

Nella versione finale il volume principale verso la piazza è scandito da una fitta nervatura verticale, corrispondente ai pilastri del portico, mentre la torre centrale aggetta leggermente e assume una sagoma a gradoni. I corpi laterali, separati da quello principale da passaggi cui corrispondono arretramenti ai piani superiori, sono caratterizzati invece da fasce orizzontali in cui si inseriscono le finestrature8.

Al piano interrato sono previsti il bar-ristorante, il dancing e il teatro da 1000 posti; al piano terreno il cinema da 2800 posti e i negozi; dal primo al nono piano gli uffici; negli ultimi dieci piani, nella torre, gli appartamenti9.

Di particolare interesse gli spazi interni del cinema, con un doppio livello di balconate nella sala e un atrio dalla complessa articolazione, con pareti curve, ballatoi e scalinate sinuose che gli conferiscono un aspetto fluido, in contrasto con la secca ortogonalità dei volumi esterni10. Nei disegni relativi all’atrio compaiono decori parietali classicheggianti, che richiamano il gusto di Gio Ponti di quegli anni ed evidenziano l’antidogmatismo e l’eclettismo tipici dell’opera di Baldessari11.

La critica ha generalmente indicato come fonte di ispirazione per il progetto, in particolare per quanto riguarda il corpo con la torre a gradoni, i grattacieli di New York degli anni Venti e Trenta – tra cui la torre RCA del Rockefeller Center – rappresentati in modo visionario nei celebri disegni di Hugh Ferriss12. Ma occorre anche considerare il ruolo dell’architettura tedesca, in particolare berlinese, come tramite per il travaso di queste forme nel contesto europeo. Un caso emblematico è quello del grande magazzino Karstadt (1927-1929) in Hermannplatz a Berlino-Neukölln, opera di Philipp Schaefer, che mostra una straordinaria somiglianza con il progetto di Baldessari: quasi identiche la scansione verticale dei fronti e la conformazione delle torri, una nel progetto di Milano e due nell’edificio berlinese, e simile il rapporto con lo spazio urbano13. Baldessari combina il goticismo dell’edificio di Schaeffer con il linguaggio per fasce orizzontali e improvvisi scatti verticali di Erich Mendelsohn – anch’egli autore di numerosi grandi magazzini – il cui apporto si coglie non solo negli aspetti formali e compositivi, ma anche nella resa grafica degli schizzi prospettici. Baldessari dichiarava di essersi ispirato per il fronte principale al Duomo di Milano – non a caso un edificio gotico – mentre la torre sarebbe stata concepita come fondale prospettico di corso Vittorio Emanuele, concluso all’estremità opposta dallo stesso Duomo14.

Il fallimento del progetto, dovuto a meschine manovre politico-finanziarie, è tra le cause della partenza di Baldessari per gli Stati Uniti, dove rimarrà fino al 194815.

Sull’area del progetto16 sorge oggi un complesso per appartamenti, uffici e negozi realizzato da un gruppo di progettisti coordinati da Gio Ponti tra il 1939 e il 1948, che pur con lievi sporgenze e arretramenti e con la variazione delle finestrature non riesce nel tentativo di articolare il volume. In generale gli edifici della piazza si attengono al gusto ufficiale della seconda metà degli anni Trenta, senza gli slanci del progetto di Baldessari17.

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